Con tutta la buona volontà, non si trova una definizione, una « tendenza », che possa andar bene per Franz Ficara Questa impossibilità di etichettarlo è il suo principale titolo di merito, è la conferma che egli lavora senza intrupparsi nelle correnti. L'unica legge alla quale obbedisce è la sua ispirazione, limpida e felice.
Questa ispirazione è spesso autobiografica. Frammenti di una vita, tessere di un mosaico che riportano il pittore in una dimensione onirica, senza tuttavia fargli perdere il contatto con la realtà, che quella - - favolosa, inconfondibile, irripetibile - - del vecchio Sud. Ha scritto giustamente Diego Curtò: « Ficara contiene tutte le leggi speciali per la Calabria ». Le contiene e le esprime, con quel tanto di pudore, di commozione, di rabbia, che un uomo del Sud mette sempre nel rievocare la sua terra, i volti e le pietre della sua terra.
Guardiamo e riguardiamo certe facce senza stancarci. Vi leggiamo la miseria e la speranza, la dignità e l'attesa. Un discorso aperto, che da cento anni aspetta uno sviluppo, che si trascina penosamente tra una sventura e l'altra, senza concludersi. Un'amarezza che si riflette nei volti delle donne, le cui labbra carnose sembrano serrate, chiuse ad ogni pur vago sorriso.
Signori, risparmiatevi la lettura di opere dotte sulla questione meridionale. II Sud è qui: in queste facce, in questi quadri; in questo muto dolore; nel lavoro d'un pittore che sa, che ricorda, che « vive » quel dramma, che ci trasmette quelle emozioni. È proprio la sincerità dell'artista, la sua partecipazione a una tragedia civile, che rende così vere, cosi vive, le sue tele. Ma non fermiamoci ai protagonisti. Parliamo anche della terra, delle marine (vere, o sognate?), delle nature morte che Ficara dipinge con pennellate sicure e nervose, con suggestivi accordi di colore. Parliamo insomma di tecnica, di bravura; ma sottovoce, perché il nostro pittore non ama gli elogi,
IGNAZIO MORMINO
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