Giuseppe Mazzini era un ottimo chitarrista e nelle sue lettere dall'esilio cita i più importanti autori chitarristici dell'800: Giuliani, Legnani, Carulli. Ritratto giovanile di Ciro Menotti che suona la chitarra, 1820-30,
di Giuseppe Fantaguzzi (1771 - 1837) (attr.), Camillo Borghese, secondo marito di Paolina Bonaparte, governatore
del Piemonte dal 1808; padrino di battesimo di Camillo Benso, conte
di Cavour. Marie Clotilde de France (1759-1802), sorella di Louis
XVI, moglie di Carlo-Emanuele di Savoia, Principe di Piemonte e Regina
di Sardegna dal 1796 alla morte.
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È
scandaloso quanto la chitarra sia ignorata nei nostri corsi di Storia
della Musica, del resto paradossalmente assenti dalla scuola dell'obbligo
in Italia.
Se c'è uno strumento musicale ( a parte il canto ovviamente) che storicamente rappresenta l'Italia, come ricchezza di repertorio e diffusione mondiale, è proprio la chitarra. Se si fa la semplice conta di tutto quello che è stato pubblicato per chitarra nella prima metà dell'Ottocento (per quanto ancora incompleta) da autori italiani e la si compara con la letteratura pianistica italiana dello stesso periodo viene quasi da sorridere, e sorrideva in effetti Rossini intitolando i suoi brani per pianoforte Péchés de vieillesse. Il grande Paganini, violinista e chitarrista, ha scritto moltissimo per chitarra e il suo biografo, Conestabile, per sottolinearne il virtuosismo, lo paragonava al chitarrista Mauro Giuliani. Il bolognese Marco Aurelio Zani de Ferranti, chitarrista e uomo di lettere (autore di diversi saggi letterari e di un importante commento critico alla Commedia) insegnava dal 1832 al Conservatorio Reale di Bruxelles (appena fondato sotto la direzione di Fétis) col titolo di "Chitarrista del Re Leopoldo". Quasi due secoli prima il pavese Francesco Corbetta pubblicava le sue musiche col titolo di "Chitarrista del Re", ma in questo caso era il Re Sole, suo allievo, che, come testimonia lo stesso Voltaire, suonava la chitarra. Persino il celebre pianista salisburghese di origine italiana Anton Diabelli, editore di Schubert, in realtà era anche un apprezzato chitarrista ed ha scritto e pubblicato moltissimo per chitarra. Circa dieci anni fa un altro pianista, il Prof. Stefano Ragni, del Conservatorio e dell'Università per stranieri di Perugia, ha pubblicato un saggio, Mazzini e la Chitarra, dove ci rivela, con la semplice lettura delle lettere dall'esilio e delle numerose testimonianze di amici e interlocutori, che il Nostro era un ottimo chitarrista. La sua chitarra, una Gennaro Fabbricatore, è conservata al Museo Mazziniano. Dall'iconografia risorgimentale risulta che anche Ciro Menotti suonava la chitarra. Sempre proseguendo a discorsi enchaînés, un anno fa il Metropolitan Museum di New York ha allestito una mostra sulle chitarre italiane, c'era appunto una Fabbricatore ed una delle 4 Stradivari esistenti al mondo ( per quanto se ne sappia oggi beninteso). L'anno scorso ho realizzato un vero giro del mondo intervistando in video vari docenti e concertisti di chitarra in Europa, Australia, New Zealand, South Africa, Usa (East e West Coast) chiedendo loro dell'impiego del repertorio chitarristico italiano nella didattica e nella concertistica, sono tutti unanimi nell'affermare che è imprescindibile. Si potrebbe continuare all'infinito ma il risultato dell'analisi è semplicissimo: una vera e propria rimozione di un grande patrimonio storico-culturale, ahimè non certo l'unica. Giuseppe Ficara, 16 Aprile 2012, (a un anno dal
Mazzinian
Concert
dato alla fine del Convegno
sul Risorgimento organizzato dalla Brown University, Providence,
USA) |